Si intensifica la ricerca per battere queste malattie neurodegenerative
Alzheimer e Parkinson
ROMA. Una comune via di cura contro molte malattie neurodegenerative
tra cui Alzheimer e Parkinson è possibile e consiste nell'impedire
la morte dei neuroni disattivando una proteina coinvolta in
queste malattie. La prospettiva è quindi arrivare a sviluppare
un unico farmaco che vada bene per tutte.
Il grande passo avanti, che apre un campo di indagine
totalmente nuovo e insperato alla cura di queste patologie, si
deve a uno studio di Giovanna Mallucci della unità di
tossicologia della Università di Leicester, condotto su topi
con morbo di Creutzfeldt-Jakob (malatttia prionica simile a
mucca pazza).
Disattivando la proteina si impedisce la morte dei neuroni
tipica di questa e altre malattie neurodegenerative, spiega
all'ANSA Mallucci, nata a Londra da papà italiano e mamma
irlandese. Bloccando la stessa sostanza si riscrive il destino
dei neuroni salvandoli da morte certa e arrestando la malattia.
"Si tratta di un lavoro rivoluzionario, se il risultato
fosse confermato in altri modelli di malattia neurodegenerativa,
potrebbe essere un buon meccanismo per cominciare a pensare a
una terapia comune a molte malattie", commenta Maurizio
Pocchiari Direttore del Reparto Patologie Neurologiche
Degenerative e Infiammatorie dell'Istituto superiore di sanità.
Molte malattie neurodegenerative hanno in comune la
formazione e l'accumulo di proteine aberranti, malformate, nei
neuroni: questo è vero per le malattie prioniche come il morbo
di Creutzfeldt-Jakob ma anche per l'Alzheimer e per il
Parkinson. Sebbene la proteina aberrante sia diversa per
ciascuna malattia, l'esito del suo accumulo è sempre lo stesso
per tutte: la morte dei neuroni; di qui la grandiosa idea di
impedire la morte dei neuroni piuttosto che concentrarsi, come
da anni fanno scienziati di tutto il mondo, sull'eliminazione
delle proteine malformate.
Il grande passo avanti di questo studio, spiega Francesca
Properzi dell'ISS che per anni ha lavorato con Mallucci, è di
cambiare totalmente il tipo di approccio: invece di ripulire i
neuroni dalle proteine tossiche, si pensa a prevenire l'effetto
di esse, e cioé la morte dei neuroni stessi. Come? Si è
capito, spiega Mallucci, che i neuroni muoiono perché
l'accumulo delle proteine tossiche li porta a 'stoppare' del
tutto la sintesi di qualunque altra proteina. I neuroni però
hanno bisogno di produrre tantissime proteine per vivere e
funzionare. Il blocco della sintesi proteica è di per sé una
risposta protettiva (é un meccanismo difensivo di base comune a
molte patologie) del neurone all"accumulo di proteine tossiche
e serve alla cellula per smaltirle. Ma se questo accumulo
persiste, il blocco della sintesi proteica a sua volta diventa
cronico e il neurone muore. Quindi la Mallucci ha pensato che la
soluzione per salvare i neuroni fosse quella di ripristinare la
sintesi proteica. E così ha fatto su topi con morbo di
Creutzfeldt-Jakob: ha disattivato una specifica proteina. I topi
trattati in questo modo vivono più a lungo e il loro cervello
risulta meno danneggiato dalla malattia.
Si tratta di una ricerca di base ma molto promettente:
l'idea, conclude Pocchiari, potrebbe essere di provare la stessa
tattica anche su modelli di Parkinson e Alzheimer, e poiché
"noi disponiamo di tali modelli si potrebbe valutare la
possibilità di avventurarci in analoghi studi e
collaborazioni".